Roberto Cau - Recensioni

 

I TRITTICI di ROBERTO CAU – “Aprire una finestra”

 

30 Opere Pittoriche realizzate tra gli anni 80, 90 e i primi del 2000

 

di ANTONIO PINNA

 

Son stato sempre incuriosito della scelta di Roberto Cau: i Trittici come forma di pittura. In ogni caso non ho mai evitato di fargli una domanda: “Roberto non ti sembra una scelta retrò?” Un modo di guardare al passato di cui non mi capivo l’ispirazione. “Guardo al Rinascimento” è stata la risposta di Roberto. Certo, l’elemento della prospettiva è ben presente in queste opere. Roberto ne ha dipinto una trentina, trovando estimatori, ma poi scontrandosi con la tendenza contemporanea ed i gusti del pubblico.
La prospettiva è un elemento importante di questi dipinti. Lo spazio è composto entro delle linee ortogonali che conducono verso un punto di vista, “un punto di fuga” posto in fondo alla composizione. Roberto sa dare profondità ai suoi quadri e, secondo me, anche la tripartizione dello spazio aiuta lo sguardo a cogliere la profondità. A Roberto interessa soprattutto un’altra profondità, quella di chi non guarda fuori, ma dentro. Lo dice in una nota a conclusione del suo libro I trittici – Disegni e Dipinti E.P.D’O., raccontando l’origine della sua passione per la pittura: “Dipingevo non solo per divertimento, ma per una questione di sentimentale bisogno interiore”.
Dovendo trovare un termine che esprime ampiamente questi trittici, io sceglierei la parola “visioni”. Penso abitudine quanto mai inattuale in un tempo fatto di fretta, di compulsività, di sguardi distratti, poco attenti di cui è fatto il nostro vivere quotidiano. Ecco il primo motivo per cui non incontrano il gusto di molti. Non siamo abituati alle visioni, non ci interessano. Né quelle dello sguardo calmo e curioso, né quelle della mente indagatrice. Non ci interessano più le ideologie, anch’esse sono visioni. Ma non abbiamo la voglia di ascoltare i “punti di vista”, quelli degli altri. Non abbiamo curiosità, calma e pazienza. E invece la compostezza, lo spazio vivo e denso di sfumature dei paesaggi dei Trittici di Roberto richiedono calma, anzi suscitano calma. Questo è il primo motivo per cui non abbiamo più la testa né il cuore per questi paesaggi. Trittici son paesaggi, per Roberto sono “paesaggi ideali”, ma non nel senso dell’Ottocento francese di trasfigurazioni romantiche della natura. Roberto questi paesaggi li conosce e li ammira. Con uno sguardo infantile si “apre una finestra” e vede piante, campi, orizzonti lontani, cieli, mare. Integra gli elementi naturali con pavimenti, anfore. Gli piace dar valore alle piccole cose cui da sottofondi, tonalità ed effetti particolari. L’espressione è libera, semplice “come ditta dentro”, frutto di un guardarsi dentro, di una introspezione, di una ricerca intima che desidera armonia.
Armonia è, secondo il filosofo e teologo Vito Mancuso, il nome della bellezza. È un ideale estetico che rimanda al pensiero antico, classico. Ecco il senso di quel “retrò” che istintivamente attribuivo a questi dipinti. E’ un’armonia che viene dal rapporto diretto con la natura, dal suo sapersi “mettere alla finestra” che fa percepire nuove atmosfere, in cui il senso dello spazio e della luce è ottenuto non solo con i colori, ma con un attento studio prospettico.
Roberto è un uomo che ama il confronto e conosce il senso dell’umiltà. In occasione della mostra di Salvatore Garau “Matrimoni misti”(2002), in cui l’artista di Santa Giusta rivisita e completa a modo suo le opere di undici artisti oristanesi tra cui Amore, Farris, Corriga, uno dei suoi Trittici “Ambiente con archi nel Sinis” (2002) diventa “Treno giapponese nel portico italiano” (2002). Con un gesto libero e “dissacrante” Garau fa sfrecciare un treno in questi spazi, rompendo la staticità e la compostezza con un tratto nero che dà il senso della velocità e del frastuono di un convoglio velocissimo. Come a dire un gesto “futurista” in un dipinto classico. Roberto apprezza e sorride.

                                                                 Antonio Pinna