EPDO  Templum Artium atque Culturae - Ad Gentium servandam Memoriam
 
 
 
CAU Artista
 
 
ARTE CONTEMPORANEA
 
 
 
Recensione di Giovanni Carafa
 
 
 
Presentazione nel Catalogo d'Arte Contemporanea

 

MUNDUS

 

 

"I PAPIRI CONTEMPORANEI"

 
 
 
 

2023

 

CAU TORRE DI MARIANO LA MOSTRA IMPOSSIBILE

 

ROBERTO CAU - LA POSSIBILITÀ DELL’IMPOSSIBILE

Poco più di tre anni fa ebbi a portare il manoscritto della mia prima  desiderata editoriale alla sensibilità e all’occhio esperto del carissimo Roberto CAU. Di lui, sinceramente, per mia personale incuria di cui oggi faccio ammenda, non conoscevo nulla: nulla del suo essere persona e della sua produzione artistica.  Già da quel timido approccio ebbi a considerare il fatto di essermi trovato di fronte a una realtà umana tanto silente quanto profondamente problematico-valoriale di maturità culturale. Il nostro si rivelò subito essere un incontro sincero e appassionato, nel e dell’antico coinvolto unente due vecchi amici ora evidentemente ritrovatisi. Era il mondo dell’Arte a unirci, e, segnatamente, lo stimolo “visuale” sempre e comunque aperto all’altrui considerazione, confronto. Lo vidi, sì, immerso nella sua attuale oggettività, Roberto, l’editoria: tra pile di libri dalle ammiccanti copertine e dal variegato e impensabile titolato indigeno di terra sarda e non, ma anche in un  inaspettato allestito, l’accolto di un fine ricercato salotto di realtà altre (?!), di quella sensibilità che solamente un vero pittore può esibire.  Va be’!...

Così, l’intima complicità del gioco della vita, ed ecco, al mio insistito richiesto, il suo mostrarmi, alcuni umili e affezionati strumenti ultimi del mestiere: una stilografica d’avolo… e alcune anonime (per me) penne di gabbiano nostrano.  Non capivo, non capivo il suo attaccamento “carezzevole” a tali oggettività.  Se le mie prime attenzioni erano state tutte spese per quella auliche produzioni pittoriche (i “trittici”) attaccate alle pareti e delle quali ero continuamente a chiedere lumi e ad argomentare con la sensibilità riflessiva del portato e connotato disciplinare proprio, ora era il pregiato e riservato esibito di alcune tavole cartacee a sollecitare la novità. Quei “trittici” segnavano l’arrivo di un percorso dove alla maestria tecnica e alla sensibilità per il “pittoresco” tout court subentrava la riflessione  matura di un ordine culturale che si proietta nel riflesso della Natura, un prosieguo del “di qua” dell’artificio (giardino-architettura) col “di là” del dato di sensibilità formale e cromatico-universale. Il sospeso spazio-temporale dell’ordine dei primissimi piani (geometrismo e decorativo prospettico) apre alla contemplazione d’orizzonte che si fa piacere, amenità nel ricercato di dettaglio, quasi un Eden, un’età dell’oro a cui tendere. Il sacro, dunque, pare essere la dimensione di quella dualità dialettica. Ma, dicevo di quel nuovo e gelose esibito.  Il contrasto del severo monocromo calligrafico col bianco del foglio ora è ad imporsi, e pure subito incalzato dal ritmico e frenetico pullulato di unità larviche di umanità su un lineare ancorato continuo che pur nel suo evolversi d’andamento sembra insistere nel tenere incollare a sé quelle individualità. Veramente freschi, genuini e spontanei quei microintrecci: quasi un gioco; sì, un gioco con le sue regole, quelle del forte sentimento dell’essere in una dimensione dove tutto si perde e tutto si ritrova in un nuova o forse nella  eterna essenza della vita, che non il distratto brusio del quotidiano intorno.  Apprezzavo; apprezzavo silente quell’esibito, quel sommesso espresso argomentativo dell’autore,  eppure, rimanevo perplesso, perplesso del suo essere così distante (?) dall’altro identitario oggettivato sulle pareti.

Bah! Il nuovo pareva un’impresa, una vera impresa e continua, inarrestabile frenesia espressivo-creativa. Una faraonica mole numerico-produttiva si stava imponendo, una mole che aveva già superato il centinaio di esemplari e che ormai anelava a un traguardo impensabile. La mia perplessità successiva fu quella di prospettare a Roberto l’eventuale dare forfait del momento creativo che personalmente sapevo essere sempre in agguato qualora le sollecitazioni espressive fossero di un richiesto particolarmente intenso.  Lui mi confidò che il forte stimolo espressivo ancora non gli aveva posto tale risolutiva, pertanto era a proseguire serenamente nel suo attuale operato. Ah, dimenticavo: nel suo “laboratorio”, come ama chiamarlo quel prode… una fissa pare essere l’onnivora presenza della tematica “scarabeo”, anzi, per essere precisi dello “scarabeo sacro”.  Chi di noi a un tale richiamato non è a correre alla memoria scolastica di un acclarato egizio, alla sua arcana simbologia… Beh, Roberto non fa eccezione; ma, ma la sua è una profonda immedesimazione nell’aspetto simbolico e formale di dettaglio e d’assieme di quell’universale, di quella spiritualità tanto diversa quanto di un ritrovato comune poi.  Le articolazioni appendicali, o anatomiche dello scarabeo, in generale diventano elementi filiformi che inconsciamente sono a ritrovarsi in quell’umanità grafica che ora alimenta l’incessante nuovo continuum creativo. Roberto me lo confiderà molto tempo dopo, in occasione di questo mio presente contributo riflessivo; me lo confiderà come consapevolezza acquisita del fare e dell’essere esperienziale, di un prosieguo dell’iniziale ignoto stimolo espressivo-creativo grafico.  Mundus sarà il titolo del corpus di risultanza odierna di quell’immane sforzo grafico.  Ma, ormai sto  parlando dell’oggi, sì, proprio così; e, allora, diciamolo pure, sì, diciamolo.

Per un ancora mio sforzo editoriale, questa volta narrativo… ho nuovamente raggiunto Roberto nel suo laboratorio (io amo chiamarlo “studio”.   Lui, al solito, mi ha accolto in un accomodato e tranquillo discorrere amicale da salotto.  Nel sereno confidato eccolo tirare fuori dal suo magico cilindro senza fine una “brochure”; sulla prima la guardo distratto, considerando trattarsi di cosa già acquisita nel nostro confidato, poi, man mano che quel merlino è ad aprirla e illustrarmi l’evoluto contenuto, registro il risvolto: l’impensabile intrapreso conclusivo (?) di quel passato esperienziale grafico ora è a comparire in bella mostra di sé; dove? come? 

Beh, su una simulazione di allestimento ambientale dell’autorevole residuato storico della torre di Torregrande (Oristano) ma anche in un avveniristico, ampio e luminoso quanto funzionale spazio espositivo d’interno (museo?), e le ipotesi propositive potrebbero essere dilatate a oltranza… Di cosa si tratta? Diciamo subito che quell’umanità grafica di cui parlavo, ora ha raggiunto il  considerevole numerico di 792  unità-tavole illustrativo-espressive raccolte in 8 sezioni tematiche (pannelli orizzontali, dimensioni caduauno 5,00 x 0,60 mt) che del Mundus rappresentano la collana I papiri contemporanei: “Migranti”, “Familia”, “Gentium”, “Populus”, Bellum Pax”, “Sacrum Terrae", “Urbs”, “Mare Nostrum”, queste sono le specifiche titolazioni di percorso pittorico sviluppatosi lungo un arco temporale che va dal lontano settembre 2020 al febbraio 2022, ma che di fatto all’iniziale conclusione ha visto un ulteriore dilatato, se non in termini di unità grafico-operative, almeno sotto l’aspetto dell’allestimento-valorizzazione meglio esplicitante. Mesi orsono, Mundus consisteva in un’ipotesi ideativa di un lungo sviluppo lineare orizzontale  a mo’ di “dazibao” dell’espositivo di quelle tavole; a una prima, poteva pure dirsi essere il  dischiuso di un suggello svelato, l’esteso di un papiro da fruire interpretativamente proprio  nei tempi e nello spazio di ogni singolarità grafico-illustrative; oggi, il vivido sfoglio della brochure tra le mani di Roberto rivelava, pur nell’ancora meravigliato essere dell’autore e nella sua commossa narrazione, un impensabile salto di qualità propositiva che inevitabilmente mi costringe a chiedere lumi sull’avvenuta cesura (?) con l’originario mondo pittorico-artistico CAU. Così, è divenuta  una mia (?) impellente necessità quella di voler caparbiamente capire, intendere più a fondo, il portano della novità produttivo-creativa di significativa contemporaneità del Nostro: la proposta ideativo-espositiva pubblica di allestimento dell’intero corpus Mundus lungo lo sviluppo rotatorio delle pareti della “Torre manna”, che pur nel simulato digitalizzato a stampa di quelle minute pagine, pare gettare uno sguardo lungo nel panorama culturale. Il rammarico del suo ideatore è la sola presunta consapevolezza dell’impossibilità del possibile gestionale istituzionale di un tale allestimento ambientale che parrebbe potenzialmente prestarsi a una miriade infinita di questioni di governo sociale locale... Le valenze, anche  di tipo turistico, per quel sito sono insite nella proposta ideativo-visuale Cau,  sono tutte al possibile vaglio pubblico. Se questo, in nuce, è il riservato realizzativo di completezza di quell’intento, il chiedere poi a Roberto di farmi prendere visione del suo originario excursus artistico-pittorico mi rendeva  riflessivo dell’essere, Mundus, un inevitabile dato di consapevolezza di attualità in continuità con ogni pregresso fare; sì, perché se nell’autorevole produzione del Nostro tutto il percorso espressivo e tecnico è stato esperito nella “visone di paesaggio” (ora naturalistica e ora realistica, simbolica o  di fantasia, dal vellutato cromatismo al consistente ductus e dissonante timbrico e tonale) non è da escludere il significativo sensibile richiamato iconico-fotografico meccanico-riproduttivo che fa da “leitmotiv”, da sfondo tematico, a quelle lunghe teorie segniche (I papiri…). In Mundus il valore dello sfondo si fa contesto, accoglimento ed esplicitazione ulteriore di un mondo grafico che nel suo umano articolato e pure storico-esistenziale suggerito dalle titolazioni non può che svolgersi in relazione con l’essere “paesaggio”, dunque, ancora una volta relazione tra natura e artificio, natura e cultura. Quel fare artigianale originario, dunque, se pure ritenuto chiuso, in realtà presenzia ancora, e pure in tutta la sua eterna vitalità di pensiero e sentimento, nel nuovo intimo riflessivo di relazione, di concettualità proprio dello e nell’espressivo Mundus. Il paesaggio grafico delle unità illustrative de I papiri… poi, analizzato nelle sue valenze più propriamente formali è a recuperare quel diretto fare nell’articolato connubio tra gestualità e linearità, tra pause di “carezzevoli” macchie aeree (le penne di gabbiano, ricordate?…) e cupi contrasti sempre pronti a sottolineare l’arcano e il consapevole evoluto di questa umanità errante.

Torregrande, 5 settembre 2023

Prof. Giovanni Carafa