EPDO  Templum Artium atque Culturae - Ad Gentium servandam Memoriam
 
 
 
CAU Artista
 
 
ARTE CONTEMPORANEA
 
 
 
Recensione di Michele Licheri
 
 
 
Presentazione nel Catalogo d'Arte Contemporanea

 

MUNDUS

 

 

"I PAPIRI CONTEMPORANEI"

 
 
 
 

2023

 

 

 

Libri EPDO - CAU Artista Contemporaneo

 

"ORISTANO città d’arte arena artistica di Roberto CAU"

Roberto CAU è un artista quieto e perseverante non paragonabile per intemperanze né al Bernini tanto meno al Caravaggio. Con essi può condividere, per ispirazione, le dimensioni prospettiche delle sue tele: i trittici architettonici con vista sul golfo di Oristano delle origini; oppure la reinterpretazione di alcuni temi e soggetti rinascimentali e barocchi rivisitati attraverso le forme scarabeiche. Già lo scarabeo: una delle idee formali (una fissazione?) a cui si rifà per narrare gli ambiti della condizione umana o in chiave pseudo-archeologica, la classicità. Non a caso un’area della sua editrice sita in via Bellini 15 (Roberto Cau è anche editore) è “piccolo museo” dello scarabeo. Trovano spazio espositivo manufatti e riproduzioni di numerosi esemplari, nonché fotogrammi di esemplari originali rinvenuti a Tharros o provenienti dall’Egitto; e diverse opere in ossidiana, o altre pietre o legno di differenti dimensioni reinterpretati da artisti o artigiani della stessa provincia di Oristano; alle pareti anche qualche interpretazione pittorica dello stesso CAU del “kheperer” sacro caro ai faraoni e ai popoli mediterranei in genere. In tale contesto la funzione magica-apotropaica di eterna rinascita e felicità nel divenire sarà davvero assicurata? Lo scarabeo egizio che tanto caratterizza l’universo artistico dell’editore dell’EPDO migliorerà davvero le facoltà intuitive e spirituali dei visitatori? Il solo vedere e osservare l’amuleto sacro sarà di buon auspicio? Sarà comunque acquisizione del bello, e ogni visitatore potrà giovarsene.
Tornando ai trittici di cui si parlava in apertura, credo sia importante puntualizzare che il loro valore espressivo non sta solo nell’aspetto estetico o nelle invenzioni degli orizzonti, quanto anche nelle architetture retrostanti -le corti ospitanti giardini ed altro- che preludono a scenari di ben altro valore, di cui la marina di Oristano avrebbe potuto giovarsi. E’ vero il contrario, invece; e cioè che Torre Grande langua, sporcata e snaturata, cosicché le sue dune e le palme restano solo un ricordo dei più vecchi o dei dipartiti.
Se il lungomare fosse arretrato di due isolati e le costruzioni avessero avuto fogge e caratteristiche come quelle dipinte dal CAU: che valore avrebbe, oggi, la beach di Oristano?
Una delle ultime fatiche artistiche del pittore di via Bellini -Roberto Cau- ha come titolo “papiri”. Non perché l’artista dipinga sulla superficie scrittoria originata dalla cyperaceae, quanto perché la sua opera narrativa appare in successione -ingannevolmente- in forma di codice srotolato di papiro. E’ una belle trovata artistica quella dei “papiri”, quanto originale, che trasporta l’osservatore/lettore all’interno di mondi sconosciuti e non, che nell’erranza dei personaggi, sinteticamente tratteggiati, indaga come sempre la condizione umana nei suoi slanci conoscitivi o tragici.
La stessa opera appare da tempo sui “social” o in rete esposta in ambiente surreale o fors’anche metafisico per la staticità dell’ambiente espressivo. E surreale perché? Per il portato narrativo onirico che, attingendo dall’irrazionale, tende a rivelare quanto di remoto, di indicibile, galleggia nella psiche? L’intento dell’artista sarà quello di esprimere una realtà superiore o quantomeno una visione più reale e demistificata della stessa?
Nella stanza tridimensionale e virtuale che ospita i “papiri” -che non sono tali!- l’autore è seduto in bella mostra su una sedia (esibizione di se stesso o ulteriore indagatore?) e quasi si disinteressa della sua opera. Non è distratto; ha già creato. L’opera è alle spalle e intorno a lui. Cerca altro, viaggia verso le Torri Di Orion, alla ricerca di nuove ispirazioni perché è nell’azione che si crea l’opera d’arte, che non può essere puro ornamento ma disincantata storia. Storia per immagini, vere e proprie scenografie minimaliste sia cromaticamente, sia per il profilo delle figure evocate. Che concorrono a sviscerare universi desideranti o deliri d’onnipotenza propri dell’umanità.
In un altro contesto virtuale i “papiyros” ridisegnano lo spazio in cui si ergono i monumenti; le torri di Mariano in Piazza Roma a Oristano e quella marinara di Torre Grande conferiscono all’ambiente una dimensione inusuale che in prospettiva suggeriscono la possibilità di riscrivere la fruizione dei luoghi, degli ambienti cittadini. Ancora una volta l’arte è capace di proporre scenari futuribili che possono certo migliorarci attraverso catarsi ambientali. Un concetto contiguo alla Feng Shui che concorre sempre ad abbellire la nostra vita.
V’è una morale in tutta questa scansione artistica narrata dal CAU? Quale mistero cela, quale captazione kosmika, a che tipo di purificazione sottende? La sua arte è in linea col dettato della “Società dello spettacolo” oppure è il suo contrario che si manifesta “nell’erranza”, nel viaggio/sfida/sogno dei suoi interpreti?

 

Michele  Licheri