Museo EPDO - ORISTANO - Studiolo Museale EPDO Scarabeo di Tharros
 
Dall'Antico Egitto passando per Tharros tra Archeologia e Arte Contemporanea
Nel mondo del Coleottero tra Divinità Simbolo Amuleto Oggetto Opera D'Arte Gioco Artistico
 
 
 
 
Un piccolo "Museo" dedicato allo "Scarabeo Sacro" unico nel suo genere
 
La Collezione EPDO tra reperti, manufatti e opere artistiche, conta di circa 500 pezzi e, all'interno dello "Studiolo Museale EPDO"
si ripercorre un arco temporale culturale tra storia, arte, simboli, scrittura, ecc., di circa 5000 anni. Una sintesi, attraverso lo "Scarabeo",
nella storia dell'Arte e nella storia dell'umanità. Una importante testimonianza tra il mondo materiale e l'universo immateriale,
quello dello spirito. Un "piccolo" mondo di grande interesse archeologico, storico e umano, con strordinarie espressioni e
interpretazioni antropologiche, avente alti valori estetici e artistici. E' il riconoscimento della grande dimensione estetica degli "Scarabei",
coleotteri, oggetti e manufatti di varie tipologie e generi, che vanno dalla presistoria al moderno, e al contemporaneo.

 

M.EPDO - Museo EPDO Oristano dello Scarabeo Sacro - Studiolo Museale EPDO
 
STUDIOLO MUSEALE EPDO - QUADRI "UOMINI SCARABEO" - COLLEZIONE DELLO SCARABEO SACRO - ORISTANO
 

 

 
 
Recensioni e Impressioni su
 
 
 
 

LO STUDIOLO MUSEALE DELLO "SCARABEO SACRO" DI ROBERTO CAU

 

IL LIBRO "IL MERCANTE DI THARROS" DI VARI AUTORI

 

 
 
 

Il “Museo dello Scarabeo” una storia senza tempo

Dire Tharrensi e dire Oristanesi è la stessa cosa

Beppe  Meloni

 

Gli oristanesi, tutti, sono innamorati del Sinis. Questo amore lo portano nel sangue da generazioni: sono loro gli eredi diretti di quei Tharrensi, che negli ultimi decenni dell’anno Mille, trasportarono Lari e Penati e si insediarono nell’entroterra del Sinis, dove certamente già sorgeva un villaggio. Li guidava il Vescovo, che da allora non fu soltanto “Episcopus” di Tharros, ma il Pastore della Diocesi Arborense. Allora cominciava la storia di Oristano, che altro non è se non la continuazione della storia di Tharros. Quindi dire Tharrensi e dire Oristanesi è la stessa cosa: l’etnia di questi ultimi affonda le sue radici nell’humus fenicio-punico. La prima edizione del “Sinis” di Peppetto Pau che illustrava con abbondanza di documenti la storia di quella penisola che dà origine alla nostra storia, fu accolta con grande entusiasmo e col consenso unanime di tutti: quell’amore che ognuno portava congenito nel proprio cuore, veniva esternato da una voce che parlava per tutti. Il Sinis aveva trovato il suo cantore. All’Amore si unì, con il chiarimento delle origini l’orgoglio per questa terra, madre comune che sembra perpetuare nei secoli un’antica magia, mietendo cuori rimasti vittime del suo fascino. Il “Museo dello Scarabeo” altro non è che la continuazione, in chiave moderna, di una storia senza tempo, che non avrà mai fine.                                                      

 

 
 
 
 
 

Il “Mercante” e la sua Bottega

Luigi Roselli

 

Un giorno, all'improvviso, qualcuno mi parlò di un mercante, dicendomi di andare a visitare la sua bottega. Aggiunse che non mi avrebbe detto quali prodotti il mercante trattasse. Io, come sempre molto curioso, mi proposi subito di andare a visitare la misteriosa bottega. Strada facendo mi chiedevo se non si trattasse del solito venditore di cianfrusaglie di poco prezzo. Con enorme e piacevole stupore capitai, invece, in un piccolo regno dove la cultura, il sapere, la ricerca, dominavano. Il noto e l'ignoto, la certezza e il mistero, la pagina bianca e la pagina scritta, non in contrasto tra loro ma in una armoniosa cornice di confronto. E poi libri, tanti libri, quadri, disegni, scarabei. Ma dove mi trovo, mi chiedo. In una bottega dell'arte, in una bottega senza età. Perché la cultura non ha età.

 

 
 
 

Il Libro, gli Scarabei e il Mercante di Tharros

Andrea Vigilante

 

Alcuni giorni fa, fermandomi di fronte alle vetrine della EPDO, in via Bellini, sono stato attirato da un libro “Il Mercante di Tharros”. Incuriosito, mi sono intrattenuto col titolare della “piccola azienda”, l’editore Roberto Cau che, dopo alcune considerazioni reciproche, mi ha invitato a presentarlo agli appassionati lettori sia nel suo notiziario culturale mensile sia nel libro, consegnandomene una “copia prova”. A casa lo leggo con attenzione. Constatato che il “volumetto” è interessante e molto ricco di informazioni utili ad inquadrare il contesto in una prospettiva di ampio respiro. Anche il sottotitolo “dall’Antico Egitto a Tharros”, mi intriga. Lascia intravedere - infatti - il filo conduttore che stimola il lettore eventuale ad acquisire il vocabolario specifico con il quale i tanti coautori del testo offrono agli oristanesi la possibilità di conoscere alcune delle fasi più significative del ruolo che Tharros ha avuto nel tempo! Se fossi esperto di “cose” tharrensi avrei maturato - di certo - la sollecitazione a sviluppare i “nessi” che, considerati nel loro insieme mettono in luce l’originalità (se non l’unicità), ad esempio, della ricca collezione degli “Scarabei”, che l’editrice EPDO ha pazientemente raccolto e sistemato per la fruizione da parte della gente del Sinis. La collezione è, infatti, a parere di chi scrive, invito, sollecitazione, proposta, spinta,... a coltivare la propria identità, rivivendola ed interiorizzandola attraverso i tanti reperti rinvenuti, dagli scarabei, appunto, ai Giganti di Mont’e Prama. Il che altro non può significare che “radicamento” in una realtà costituita da molteplici espressioni “culturali” che fondono la “specificità” di quelle genti antiche, di chi cui gli oristanesi e i cabraresi ne sono “eredi”. Ecco perché non esito un istante ad elogiare, l'ideatore, motivato promotore, Roberto Cau ed il gruppo degli oltre 30 appassionati cultori della storia e della vita tharrense che con il loro contributo nonché dedizione, possono vitalizzare le radici di quel lungo cammino che le genti di tutto il Sinis hanno affrontato nei secoli, eredi “naturali” del rilevante patrimonio culturale, civile e morale di Tharros e, dignitosamente, orgogliosi delle proprie ancestrali origini, parimenti fieri del nobile passato.             

 



 

Il “Museo dello Scarabeo Sacro”

Gian Piero Pinna

 

Un imprenditore con il senso dell’arte, della cultura e del mecenatismo. Una piccola sede in un palazzo a un passo dal centro città di Oristano. Il Museo EPDO è un piccolo nuovo gioiello di cura e amore per la storia, l’archeologia e l’arte contemporanea. Nato per gioco alcuni anni fa dalla passione di Roberto Cau, imprenditore nel settore editoriale e tipografico insieme al figlio Matteo, nonché pittore, scrittore e curatore di questa testata “Notiziario Culturale del Territorio di Oristano”. Per entrare nel piccolo museo dello “scarabeo sacro” si suona il campanello della “Copy e Creativity - Edizioni EPDO”, di via Bellini al numero 11, ex locale di diverse attività private negli anni passati. Gli ambienti non sono grandi ma, sono formati di soli angoli espositivi. Il piccolo museo ospita circa 450 pezzi, tra reperti, manufatti, souvenir, sculture e opere pittoriche. Gli spazi espositivi sono ricavati negli ambienti di lavoro, tra lo studio editoriale, la piccola libreria e lo spazio di ricezione del settore tipografico pubblicitario. Tutto affidato al curatore Roberto Cau, il quale ha preparato e pubblicato un libro pertinente di autori vari che ne illustra la storia e lo spirito dell’originale iniziativa, accompagnato peraltro da diversi cataloghi e pieghevoli tematici e mirati, presenti all’interno del piccolo museo. La Mostra-Museo è intitolata “Dall’Antico Egitto passando per la città di Tharros, dall’Archeologia all’Arte Contemporanea”, mettendo insieme molti Autori e Artisti  tra  produzione  di  manufatti  vari  e connubi artistici.

Possiamo citarne alcuni, oltre Roberto Cau, autori come: Augusto Biselli, Dina Pala, Angelo Fodde, Marco Del Nista, Mauro Podda, Vincenzo Casu, Michele Deidda, Martino Fadda, Michele D’Alba, Michela Granese, Rita Piredda, Gianni Atzori, Angelo Meridda, Riccardo Blumenthal, Giuseppe Cauli, Giorgio Masili, Costanzo Niola, Mario Scanu, Laura Pisanu, Pino Pilloni, Giuseppina Addari, Maria Giovanna Dessì, Maria Cristina Medda, ecc.. Un insolito contrasto tra artigianato e arte, tra manufatti e opere, piccole e grandi, tra antico e contemporaneo, le quali legano il mondo antico con il presente in un unico cerchio temporale di 4.000 anni di civiltà. Il tutto desta curiosità e vale una visita. Con l’augurio che questo luogo ancora privato e “segreto”, creato da Roberto Cau, possa essere embrione per diventare un mondo espositivo più ampio, più importante e più identitario  per il nostro territorio. 

 

                          

 
 
 
 

Il Piccolo Museo EPDO dello Scarabeo Sacro

Cinzia  Olianas

 

Prosegue ad Oristano, un'iniziativa dell'Editore Roberto Cau. Da qualche anno infatti, egli porta avanti un'idea originale che si realizza in un'esposizione creativa ed eterogenea. Presso la libreria EPDO, nella centrale via Bellini, è sempre aperta al pubblico una grande collezione, in continuo divenire, che ha come protagonista l'enigmatico scarabeo. Questo affascinante e inconfondibile coleottero, con le sue forme ancestrali ed essenziali, guida il visitatore di questo insolito museo ed appare in diversissime forme attraverso un fil rouge artistico senza eguali. Nella galleria sono esposti dei lavori artigianali e delle opere d'arte uniche nel loro genere, tutte immagini ispirate allo scarabeo sacro. Lo scarabeo era impiegato in antichità come amuleto protettivo, prezioso compagno per il viaggio dei defunti nell'aldilà ed il suo utilizzo si diffuse rapidamente dall'Egitto a tutto il mondo antico lungo le sponde del Mediterraneo. Anche il Vicino Oriente adottò e fece proprio quest'oggetto dando luogo a produzioni molto caratteristiche. Va ricordato che, generalmente, gli scarabei venivano incastonati su delle montature girevoli che ne permettevano l'uso come veri e propri sigilli, un utilizzo attestato già in epoca faraonica. Il commercio di scarabei inizialmente coinvolgeva soprattutto i mercati orientali. Con ogni probabilità, infatti, i piccoli amuleti-sigillo, ma probabilmente anche alcune materie prime oltre ad esperti artigiani,  si univano  ad  altre  mercanzie  e  maestranze sui navigli commerciali provenienti dai territori siro-palestinesi. Si trattava evidentemente di attività molto remunerative in grado di soddisfare anche la richiesta di prodotti esotici da parte delle popolazioni occidentali coinvolte nelle espansioni coloniali attraverso delle tappe in approdi strategici. Le iniziali ricerche di nuovi territori destinati ad accogliere empori più consolidati e sistematicamente riforniti, conobbero anche dei momenti di crisi: l'arrivo dei cosiddetti Popoli del Mare ne rappresenta un esempio piuttosto significativo. In estrema sintesi non va però dimenticato come le attività piratesche sui mari fossero un fenomeno alquanto comune con il quale i marinai dovevano fare i conti. Oggigiorno sorprende scoprire come la pirateria, nella prima antichità, possa essere stata effettivamente una vera e propria primitiva forma di commercio. Sulle sponde occidentali del Mediterraneo, mai un confine ma sempre più un luogo di incontro tra i popoli, il Golfo di Oristano registra presso l'antica Tharros una straordinaria produzione di scarabei. Il centro sardo condivideva probabilmente questo primato manifatturiero con Cartagine, tenendo comunque presente che le botteghe presso cui lavoravano i maestri incisori erano numerose e presenti in svariati centri fenicio-punici. Sia Tharros che Cartagine importarono poi, dai primordi fino almeno alla conclusione del VI sec. a.C., molti di questi preziosi amuleti-sigillo approvvigionandosi presso centri specializzati egiziani. Al mercato dei manufatti orientali d'importazione si aggiunsero anche, per entrambi i centri, altre interessanti produzioni parallele di scarabei opere d'artigianato locale ispirato dagli stessi modelli. A Roberto Cau va quindi riconosciuto un sicuro talento artistico unito ad un impegno certosino, alla grande cura, alla costanza ed al suo buon gusto, capacità che insieme hanno dato vita ad un originale universo in continua espansione.

Un piccolo museo abitato dallo Scarabeo sacro, uno spazio circondato da libri, un luogo che ospita avventure umane e spirituali, unico nel suo genere con esperienze artistiche e artigianali che si fondono vorticosamente con il passato storico, nell'intento di restituire al pubblico la visibilità e la conoscenza di una classe di antichi manufatti indissolubilmente  legati  anche  alla  nostra  isola.                                                                                           

 
 
 
 
 
 

Lo Scarabeo

Eliseo Lilliu

 

Nel frequentare da tanti anni il laboratorio editoriale oristanese EPDO di Oristano dell’amico Roberto Cau, sono sempre rimasto incuriosito del suo grande interesse per la grande quantità rappresentativa di scarabei. Essi sono creati da varie persone in tanti modi, più o meno artistici e di vario materiale. Lui stesso ne ha fatto oggetto dei suoi lavori pittorici di fantasia e di vario rilievo artistico. Oggi, attraverso un’ampia collezione, ne ha riempito letteralmente il proprio studio personale che gli fanno buona compagnia. Egli ne è orgogliosamente affascinato e felice di poterli ogni giorno vedere, contemplarli e, probabilmente, accarezzare. Gli si illuminano gli occhi quando li presenta agli amici ed ai clienti che lo vanno a trovare.  La sua è divenuta una “puerile” e calda passione che, in qualche forma lo rende felice. Per Roberto è quasi un ritorno all’età del “giocare”, proprio come un fanciullo con la collezione delle macchinette, delle conchiglie o delle figurine. Poterne avere qualcuna in più è divenuto un desiderio irrefrenabile che, lo rasserena e lo appaga nel cuore. Questa passione lo sprona a conoscere di più la storia di questo “oggetto” che, in passato come sappiamo, era ritenuto sacro e chiamato Kheperer. Esso deriva dal verbo Kheper, cioè nascere o ancora divenire. Anticamente significava il dio solare del mattino “Khepri”.  Esso era rappresentato dall’animale coprofago, col nome scientifico latino di scarabeus sacera egyptiorum.

Lo scarabeo era considerato un potente amuleto sin dal periodo itita. Il fatto che lo rendeva importante, ed ancora oggi molti lo ritengono prezioso, non è tanto per il materiale col quale è stata realizzato, quanto per la sua funzione magica-apotropaica. Un simbolo di eterna rinascita, nel divenire e nel trasformarsi.  Si credeva e tuttora molti credono che assicuri solo eventi felici, sereni e col potere di portare a chi lo tiene con se un costante miglioramento delle facoltà intuitive e spirituali.  Lo scarabeo veniva utilizzato anche dai sacerdoti che lo immergevano nel latte bianco di vacca nera e poi lo bruciavano, secondo l’usanza, per ottenere favori particolari.  Ma veniva anche utilizzato come amuleto da mettere sul petto dei defunti per il passaggio all’altro mondo.  La credenza di tale superstizione si diffuse ben presto in tutto il Mediterraneo attraverso i Greci ed i Fenici, al punto che nel periodo della Civiltà nuragica anche la popolazione della Sardegna era divenuta affezionata a tale culto superstizioso.

Arrivato il credo cristiano anche in Sardegna (secondo le testimonianze scritte intorno al 189-199). Con la deportazione ad Metalla di papa Callisto, si tentò di far dimenticare, ma invano, il simbolo dello scarabeo col crocifisso. Infatti, specialmente nell’entroterra della Sardegna, il culto negli idoli superstiziosi continuarono ad esistere. Seppure segretamente ancora oggi molte persone portano amuleti come monili non solo per adonarsi forma elegante, ma pure come augurio nella propria vita. La figura dello scarabeo quindi non è mai stato dimenticato e continua ad essere nell’uso di un certo numero di sardi.

Il presente libro dell’amico Roberto Cau, “Il Mercante di Tharros”, è quindi di utilità tutt’ora valida e di aiuto per la conoscenza della storia tharrense e della tradizione sarda.  A parer mio, da sacerdote cattolico quale sono, la superstizione oggigiorno non ha alcun senso. Se proprio lo si vuole utilizzare come gioiello, lo si apprezzi come oggetto di eleganza, ma non si vada oltre.

                                                                     

 
 
 
 

Roberto Cau e lo Scarabeo Sacro

Augusto Biselli

 

Partendo dalla grande e interessante raccolta di scarabei sacri operata dall’amico Roberto Cau, mi piace riconoscergli il merito sia per l’originalità dell’iniziativa che per la pazienza certosina con cui ha intrapreso una ricerca tanto impegnativa quanto affascinante.

Lo studio dello scarabeo ci riporta all’antichità egizia e non solo: quasi tutte le antiche civiltà mediterranee e dell’Oriente lo adottarono come simbolo religioso, ma anche come ornamento prezioso, come sigillo o amuleto che accompagnava il defunto nell’oltretomba.

Realizzato in argilla, pietra dura o materiale vetroso, lo scarabeo spesso era arricchito da cornici d’oro che lo impreziosivano. Alcuni, muniti di ali di falco, venivano posti sulle mummie incastonati nei pettorali e portavano incisa nel ventre una formula tratta dal “Libro dei morti”, con la quale il defunto implorava il proprio cuore di non testimoniare contro se stesso in occasione del giudizio nell’oltretomba (psicostasia).

Dall’esito del giudizio e del risultato della grande bilancia del dio Thoth, dipendeva la sentenza di assoluzione del defunto e la conseguente sua ammissione nei Campi Elisi, o la sua condanna. In tal caso il defunto veniva divorato da un mostro.

La ricerca meticolosa fatta da Roberto Cau ha, non solo importanza storico-archeologica, ma anche il merito di sollecitare la curiosità verso un ambiente arcaico e misterioso:

quello delle antiche civiltà, delle religioni e delle credenze e superstizioni.

Da qui parte dunque la raccolta che, collegata ad opere pittoriche sul tema con la collaborazione degli artisti invitati a completare il lavoro, ha creato una collezione originale, appropriata e ricca di fantasia.

Lascio allo studioso il compito di approfondire il tema, mentre mi limito, da osservatore curioso, a sottolineare l’aspetto ieratico (nel senso solenne e sacerdotale) e di mistero legato all’uso simbolico dello scarabeo sacro.

 
 
 
 
 
 
 
 

Il “Mercante” di Tharros

Michele  Deidda

 

Roberto Cau, in un recente pomeriggio, m’è venuto a visitare e a parlarmi, come di sovente, dei suoi “giochi di pensiero”; che poi veri giochi non lo sono mai, anzi si concretizzano puntualmente in un saggio, un’opera figurativa o una proposta culturale condivisibile. Dal suo ultimo gioco m’è nata questa breve ispirazione…

Il  mito non è una storia minore ma  una utopia, in quanto desiderio irrealizzabile (o forse già realizzato ma incompiuto in un passato antico?), che risuscita dal cuore della memoria e ti catapulta, come nello specifico, nella posizione non di spettatore passivo ma di attore degli avvenimenti in divenire…

Ecco Roberto Cau, che da sempre ama il Sinis non so come chi o come cosa, ma certamente ormai so quanto, cogliere il testimone nelle spoglie di uno scarabeo sacro proprio tra le vestigia della fenicia Tharros, da cui rinasce il mito e riprende il viaggio. Il mare è lì davanti agli occhi e dentro il pensiero, disponibile a lasciarsi solcare e far sì che la terra alle spalle già s’appresta a diventare nostalgia del tuo ritorno, ma le sirene ammaliano e le fate della voglia di nuovi lidi son già ai piedi del faro d’Alessandria.

La tua vela è ormai nota e dalla stiva di mercante s’ aspettano vino del Sinis, nuovi tuoi manufatti da artigiano e, forse, bronzi nuragici che saranno moneta di scambio e i barattieri al molo ti circonderanno pronti a trattare per ricolmare i vuoti nel veliero. Però, solo a patti conclusi, che ben conosci le furberie di loro, ricolmerai gli spazi, banchetterai con essi e insieme ricorderete di altri viaggi e di vecchi mercanti che il mare, generoso ma crudele, li ha presi con sé; infine aspetterai che il vento sia propizio così che presto sia di nuovo mare, prima che la nostalgia della tua sponda sia dolore. Ormai lo sai che il tuo ritorno farà infuocare voglie di cose nuove e desiderio di amuleti e monili colorati per abbellire le donne tharrensi e di altrove nei siti limitrofi. E tu, come ogni volta, ti sentirai più grande e più colma d’orgoglio la tua sposa. Tutto il tuo fare, creare e navigare lo senti come mestiere ereditato o già vissuto in altri corpi e  menti? Intanto, tu lo sospetti e lo pensi nel cuore tuo, così che il tuo pensiero conduce la tua mente in tanti altrove, che forse la Sibilla ti predisse, e il mito naviga ancora in divenire…

 

 
 
 
 
 

“La vera storia...”

Michele  Amadori

 

La vera storia … La vera storia che non mente, perché non è minimamente predisposta a mentire quando in primis raccontiamo a noi stessi senza menzogna e quando siamo connessi alla nostra essenza … É come una febbre che vibra, affiora e scalda il nostro sangue, aleggia e scava dentro la melodia delle civiltà; sublima il pensiero di una folta schiera di menti sempre presenti e mai andate via se non per ritornare al loro lido preferito e dove la mente dimora più a lungo … Si, siamo vagabondi intorno alla terra ma, noi mediterranei siamo intrisi nell’anima e nel corpo dei nostri lidi intorno al mare; “nostro mare” possiamo dire che non ci divide come le storture vorrebbero, ma ci unisce in un caldo abbraccio col nostro caro oriente, in cui il pensiero attinge alle fondamenta vissute e custodite dalla memoria; dipana con poesia sofferta e piena di meraviglie l’essere ancora vivi sotto questo cielo e compatti nell’armonia trasmettiamo attraverso i misteri della telepatia o qualcosa che vive a riunire quei pensieri sempre accesi come fuochi ardenti, anche nella odierna stagione della storia e della vita tharrense: sempre viva nel  suo  splendido

approdo e, si collega attraverso il mediterraneo agli orizzonti compresi o forse in particolare per una storia ricchissima di eventi, a quella di oriente … Oriente di cui Roberto ne sente l’influsso potente e magico, attraverso cultura insita nelle vene, attraverso simboli, appunto lo scarabeo che di storia ne ha riempito la memoria dell’oriente antico …

Il nostro pensiero vola sulle ali del passato non tanto lontano (dipende da come vediamo il tempo) e rilega come nel libro sempre aperto di Roberto Cau, come in una riunione si perpetuano, attraverso onde telepatiche che pur esistono, che siano elettromagnetiche, che siano del mistero, comunque in qualche forma  sono dentro la memoria da cui il nostro codice, come presso una banca: versa e preleva; quindi, l’incontro si ripete attraverso il dialogo detto e non detto a parole;  si attinge alle  radici della memoria codificata nell’universo in cui niente si disperde … Il dialogo della nostra civiltà antica e moderna, rimane vivo e lucente, dove forse il tempo non esiste se per caso questo fosse infinito …  Il nostro libro di vita è scritto col fuoco, col sangue e con tutto il sacrificio e l’amore delle nostre avventure che sono dentro la memoria di ogni nostra cellula, anche prima che la vita venne sulla terra, perché si presume  che  essa  possa  essere  venuta  da   altrove   e   poi stanziatasi in questo fazzoletto dell’universo, chissà da quanto tempo, sempre che il tempo e lo spazio esistano nella nostra memoria universale, essendo questa probabilmente infinita, quindi tutta l’esistenza è una ruota che gira nel suo infinito ripetersi senza tempo … Quindi caro Roberto la tua non è solo ipotesi quando dici di sentirti un migrante venuto dall’oriente, oppure un navigatore che approda sui mille lidi e attraverso le sue avventure fra mare e terra giungesti in Sardegna e qui decidesti di stanziarti, deponendo le tue speranze ed il tuo orgoglio che si perpetuerà attraverso i figli e che anche questi un giorno o l’altro volgeranno lo sguardo per una dimora verso altri orizzonti; però anche i loro figli conserveranno quella sensazione che altro non è se non quella memoria che ci portiamo appresso tutti e nell’insieme e non si cancella, penso … Anche se la terra dovesse scomparire in un buco nero, rispunterebbe ancora il registro che ha memorizzato la nostra storia: “quella vera” che non obbedisce a nessun mercato degli uomini, ma obbedisce alla coscienza, prima singolare e poi collettiva … Questa è la vita nell’universo e non siamo solo terra, con tutto il rispetto perche questa, come noi è parte integrante … La tua Roberto è realtà vivente: è la storia della memoria universale scritta dentro ognuno di  noi;  questa si perpetua attraverso la mente umana in codice scritta nella carne e nel sangue, tramandato fin dalla notte della creazione della vita di cui siamo l’esempio e che si ripete nel suo stampo … Lo spazio ed il tempo di cui oggi stai vivendo a Tharros si riferisce al tuo-nostro splendido paese che racconta la tua-nostra storia dell’altro ieri: semplicemente storia vera ed espansa dai cuori che la sentono come memoria vuole che sia; apprendiamo anche attraverso il sentito dire dai nostri padri, quel sentito che abbiamo nelle vene, nella nostra carne, ripeto e nello spirito forse di esseri immortali … La memoria del vissuto nel bene e nel male (quella che non sempre raccontiamo a parole, ma vive nella nostra anima) non è solo nostra, ma è di tutti noi, universalmente condivisa; sentiamo il nostro vissuto ancestrale attraverso le sensazioni che non tradiscono, perché vere sono state le azioni di quelli prima di noi, attrezzati sempre di quel registro storico e che ci hanno tramandato con tanto amore da padre in figlio non solo con la parola , ma appunto e attraverso con quel libro-codice scritto ci raccontano quando vogliamo sentire come hanno vissuto da vicino: civiltà, amori e orrori nel nostro oriente primitivo e non solo … Rimane fra l’altro lo stimolo come una droga delle trasmigrazioni che non sono solo spostamenti alla ricerca di angoli felici, ma sono anche quella voglia di ricerca che bolle nel spirito degli uomini; alla ricerca costante di avventura come la sognamo e intrisa di amore … Non essendo noi il principio e la fine di ogni cosa, sicuramente altre storie da noi sconosciute, hanno ugualmente inciso la memoria del vissuto nel nostro disco, che adesso ne sentiamo vibrare il messaggio testimone del vissuto da qualche parte e che in qualche modo ci collega al destino di un tutt’uno … Per istinto acquisito dalla nostra Madre Natura ed essendo dottati di amore e possesso ci affezioniamo ai luoghi dove viviamo e ne facciamo la simpatia temporanea del nostro Santuario mentale che poi passerà, ripeto a registro storico nel codice umano della memoria …  Noi siamo il grande libro dove sono scritte le passioni e tutta la nostra “storia reale”: bella quando la sentiamo vibrare di armonia; bruttina quando abbiamo paura … Tharros, (in latino: Tarrae) … Una storia di amore che oggi sentiamo di descrivere attraverso la memoria ripeto, incisa nel nostro sangue e nella nostra carne, è rivolta alla splendida immagine storica della testimonianza di Tharros; questa cittadina punico romana, fondata dai fenici nell’VIII secolo a C., fu luogo di insediamento della età del bronzo …

A testimonianza si vedono ancora parecchie  fondamenta  e vestigia; perfino un importante quartiere dove lavorarono gli artigiani … Resti di villaggi nuragici confermano che Tharros fu abitata prima che arrivassero i fenici … Un tempo questa cittadina si presume che sia stata fiorente di artigianato e commerci, anche per la sua posizione strategica sull’istmo di capo S. Marco … Divenne capitale del Giudicato di Arborea fino al suo abbandono nel 1070 d C., a causa delle frequenti incursioni arabe, a favore della odierna città di Oristano … Esprime i suoi simboli, uno dei tanti in particolare è rappresentato dallo scarabeo … La memoria storica ci dice attraverso sensazioni profonde come quella di Roberto Cau, che il simbolo dello scarabeo in particolare rappresenta la grande memoria storica di quel paesino di Tharros, appunto …

… Lo scarabeo … Simbolo storico e pagano di civiltà religiosa e che per il suo influsso storico, il contatto con questo insetto rimane impressa nella nostra memoria genetica … Lo scarabeo come amuleto portafortuna non solo nell’antico Egitto, rimane anche in quello moderno; la sua cultura divinatoria si estende a tutto il mondo pagano; contro-altare delle religioni abramitiche monoteiste si allinea a tutti i Pantheon della influenza pagana, compresa quella romana ... Scarabeo egizio, detto anche cheperer, nome simile a quello del Dio Khepri: il sole che sorge generato dalla terra e considerato un potente … Questo amuleto, anche in forma ornamentale fu prodotto con materiali preziosi, tipo smeraldo, oro e argento …  C’è da premettere che nell’antico Egitto il mondo spirituale e quello reale erano indistinguibili … Il talismano più popolare dell’antico Egitto e forse del moderno rimane lo scarabeo associato al Dio sole Ra … Lo scarabeo appartiene all’ordine dei coleotteri con 350.000 specie, raggruppate in 20 superfamiglie e 166 famiglie; costituisce il più grande ordine fra tutti gli organismi viventi sul pianeta, vegetali compresi … Il numero di tutte le specie compreso nell’ordine dei coleotteri sarebbe superiore al numero di tutte le altre specie degli animali … La loro comparsa risale a circa 265 ml di anni fa … Quasi tutti i coleotteri compreso lo scarabeo possiedono ali coperte da altri ali rigide dette elitre adatte al volo … Aldilà delle molteplici riflessioni fisiologiche e di specie, rimane evidente il contenuto simbolico di un messaggio ancestrale che lo scarabeo esercita nella sua avventura terrena … Vista la influenza che ha creato nella psicologia umana e andando al fondo col pensiero viene a galla qualche valutazione di carattere allegorico, per esempio chiederci per quale ragione astratta lavora con la marcia indietro accumulando palle di sterco attraverso il rotolamento azionato dai piedi anteriori e non con le manine davanti; di concreto poi realizza la sua opera dove all’interno le sue uova scandiranno la rinascita … Attribuendo un messaggio a questo simbolo mi viene da pensare che per proiettare la vita in avanti, c’è bisogno di fare marcia indietro verso il passato per attingere a qualcosa di potente, come in una molla che tornando indietro si comprime e rilancia con più energia; ciò pare che avvenga da est verso ovest e sotto la luce ed il caldo

 
 
 
 
 
 
 
 
 

Missione non impossibile

 “Il Mercante di Tharros”

  Massimo Sanna


Non una rima, ne' un racconto, mi limito ad esprimere il mio sincero diletto, per una fantastica impresa, per una singolare iniziativa, di un Uomo benvoluto, non comune, e assai moderno: Roberto Cau.

Con il suo impegno, con il suo magnetismo, ha intensamente coinvolto numerose menti, catturando non sol la loro attenzione, unitamente e particolarmente, direi incredi-bilmente, il loro gratificato cuore, così che per la sua passione, son giunte, inconsapevolmente, ad abbracciar una sana "missione "... Quando determinata e animata, la volontà, non può che rivelarsi imbattibile! Che dire? Roberto sei unico!

 

 

 


                                                                 

Roberto Cau e il "Mercante" di Tharros

Massimo Sanna e Rita Piredda

 

"Verba volant, scripta manent"?  Una locuzione latina, una sagace verità'!

Par legittimo riportare alcune tra le recenti, confidenziali, sentite righe, che abbiamo dedicato a Roberto Cau e il "Mercante" di Tharros.

 

"... Ci teniamo ad esprimerti la nostra Ammirazione... ovvero per un personaggio Pioniere di creativi sentieri... che ha prodotto un prezioso quanto entusiasmante libro, un dorato  "estratto" o ancor coronamento del suo intenso e profondo vissuto... Un testo Vigoroso storico autobiografico, estroso innovativo e fantastico, veicolato da una lirica e analitica indagine introspettiva che abbraccia altresì, verosimilmente, morbidamente, o per incanto, l'arcano mondo del paranormale..."

 

Ebbene! Roberto oltre ad esser un dotato, degno e stimato Artista, un originalissimo Editore-Autore, lo si può definire un "Magister Vitae". Un Uomo verace e schietto, dalla spiccata e

adorabile Essenza, versatile, sensibile e generosa all'occorrenza. La sua sincera disponibilità d'animo, rilascia, e con fervore, Tinte Note sgorganti impetuose o sorgive dal suo amabile Cuore. Ha creato con la sua, Unica, energica, forza o volontà, con la sua viva e nobile passione, un dignitosissimo Regno, un fiorito Tempio della Paradisiaca Cultura ove, eterea, la Bellezza, vi ha messo dimora. La sua sacrale ed esemplare dedizione, il suo illustre percorso interiore, premiabili confortanti ed incentivanti, insegnano... ad orientarci, così, verso un cammino elevato.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

“Missiva”

31-01-2017

 

Da un’articolata e  illuminante  lettera  dell'onorabile Dott. Antonio Cadoni, lucido e solerte centoquattrenne

" ... Il caro Roberto Cau è persona ammirevole per il suo impegno culturale e degno di esser sostenuto nella sua opera… la sua artigianale libreria, piccola oasi di autentica cultura sarda. Ivi libri, riviste, scarabei, pitture, disegni, son ordinati col fine di elevare il livello culturale del territorio di Oristano. Essi fanno di Roberto Cau, un brillante continuatore dell'opera del grande Oristanese Raimondo Carta-Raspi (storico, editore ed intellettuale, nato a Oristano nel 1893) ...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COMMENTO A “IL MERCANTE DI THARROS”

 

Del Dott. ANTONIO CADONI


“Ho letto, con grande diletto, la recente pubblicazione E.P.D’O., intitolata “Il Mercante di Tharros”. Sollecito a leggerla tutte le persone di cultura del territorio oristanese. Ciò perché si tratta di opera illustrante un irrepetibile passato, giunto fino a noi attraverso contrasti, tempeste, bradisismi, saccheggi di inimmaginabile vastità. Dalle pagine si sprigionano poesia antica e poesia moderna, visioni bibliche e sogni futuristici, frequentemente conseguenziali. Sicché il lettore viene, continuamente, sollecitato a impossessarsi di un mondo curioso, svanito per quanto riguarda efficienza, ma pur sempre annidato nel nostro spirito mediterraneo. Essi, eclettici, ci erudiscono, con chiarezza di termini, su storia e archeologia. su arti e manifatti. Inoltre, essi hanno realizzato un lavoro di collaborazione, che ha inondato di gioia il mio cuore centenario.
INCIPIT VITA NOVA (= incomincia una nuova era letteraria): era tempo e ce n’era davvero bisogno!!! Non sta a me fare una critica letteraria del Mercante di Tharros: affido tale compito a studiosi più competenti e pazienti di me. Intendo, però, condividerne l’alto livello morale e sociale, nel suo valore perenne. Penso che, al pari del Mercante di Tharros, anche qualsiasi uomo attuale debba avere il senso di una sua fede intima, che tutto coordini nel suo mondo spirituale e che vivifichi ogni suo progetto materiale.” 

Dott. Antonio Cadoni (il 30 Luglio 2017 compirà 105 anni)

 

 

 

       

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